Al via il Festival del Cambiamento 2023: a Gorizia la prima giornata

festival del cambiamento gorizia

Al via oggi a Gorizia (Palazzo de Bassa) la seconda edizione del Festival del Cambiamento, che proseguirà domani a Trieste (Palazzo della Borsa Vecchia), evento organizzato dalla Camera di commercio Venezia Giulia e The European House – Ambrosetti, con main sponsor BAT Italia e con il sostegno della Fondazione CRTrieste, della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e di Unioncamere, con il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia, del Comune di Gorizia, del Comune di Trieste e dell’Università degli Studi di Trieste. A introdurre e moderare la giornata odierna la giornalista Rai Barbara Carfagna.

Ad aprire la due giorni di lavori l’intervento di Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio Venezia Giulia. “Insieme a trenta relatori importanti a livello internazionale, affrontiamo temi di cui si parla ogni giorno ma che hanno bisogno di un approfondimento, penso all’intelligenza artificiale, alla sostenibilità, alle città che cambiano così come il lavoro. Serve un punto di partenza per ottenere indicazioni utili alle imprese, alla politica e a tutti i cittadini. Gli argomenti sono tanti e gli atti a conclusione dell’evento verranno inviati alle associazioni di categoria e alle stesse imprese. Non bisogna aspettare di assistere al cambiamento – ha concluso – il cambiamento parte da noi”.

Il sindaco di Gorizia, Rofolfo Ziberna, ha sottolineato come sia “assolutamente necessario parlare di cambiamento, sappiamo che ogni processo ha subito un’accelerazione spaventosa, e quella di oggi è un’opportunità per capire dove siamo e dove vorremmo andare insieme. È un’occasione in cui tutte le istituzioni si guardano negli occhi per remare nella stessa direzione”.

Sottolineando la valenza dell’iniziativa e l’orgoglio di ospitare il festival in Friuli Venezia Giulia, l’assessore regionale alla Cultura Mario Anzil, ha spiegato che “la nostra società corre veloce ed è necessario che le istituzioni viaggino alla stessa velocità. Per comprendere i cambiamenti e per trasformare eventuali rischi in opportunità, dobbiamo avere una visione del futuro chiara, per adeguarci alle mutate esigenze della società”.

È stato quindi letto il messaggio di Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, impossibilitato a partecipare: “La piena comprensione delle grandi tendenze che caratterizzano l’oggi, e ancor di più indirizzeranno il domani, è alla base di qualunque scelta del decisore pubblico. Non a caso, sin dall’avvio della nuova legislatura, ho reso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, a partire dal cambio di denominazione, un luogo aperto al confronto e al dialogo con le imprese e con tutti i portatori di interesse, perseguendo il precipuo obiettivo di non lasciare indietro nessuno tutelando, in primis, le categorie maggiormente esposte ai rischi che comporta questa fase di profondi cambiamenti. Non possiamo dimenticare che siamo reduci da una pandemia e che, nel cuore d’Europa, da oltre un anno è in atto un conflitto: i due fenomeni hanno stravolto gli equilibri mondiali, superando repentinamente i modelli della globalizzazione e dell’organizzazione delle catene globali del valore che da oltre un ventennio costituivano il paradigma indiscusso di sviluppo. Anche i nuovi target di decarbonizzazione e digitalizzazione hanno restituito nuova centralità alla politica industriale e alla necessità di tutelare gli interessi nazionali: si è avviata una nuova fase nella quale la concorrenza tra grandi aree geografiche si è inasprita, con risvolti geopolitici ancora in parte da esplorare. Temi quali l’approvvigionamento energetico e delle materie prime critiche, il rilancio dei settori strategici, la formazione di figure professionali necessarie per governare la trasformazione dei processi produttivi, assumono nuova centralità nell’azione del Governo e del mio Ministero. Questi ambiti di riflessione richiedono approfondimenti e idee, a volte anche dirompenti, che di sicuro emergeranno durante i vostri lavori”.

Dallo studio di The European House Ambrosetti sulle “Prospettive di sviluppo del sistema-Italia nel nuovo scenario macro-economico globale” è emerso che negli ultimi vent’anni l’Italia ha vissuto una fase di stagnazione, con il più basso dinamismo del PIL in Europa, salari inferiori agli altri principali mercati europei e con una forte riduzione del potere d’acquisto dei cittadini. L’economia italiana non è cresciuta anche a causa di un forte gap di produttività a confronto con gli altri Paesi europei. Tuttavia, proprio nel drammatico momento dell’emergenza pandemica, il nostro Paese ha dimostrato una inattesa reattività e resilienza strutturale: nel periodo successivo alla crisi socio-sanitaria, l’Italia si è allineata alla dinamica globale di “rimbalzo” del PIL (+7% nel 2021). Nell’ultimo biennio, il PIL italiano a consuntivo ha sempre superato le previsioni di crescita rilasciate in corso d’anno dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2022 l’export ha toccato il record storico (625 miliardi di Euro, +20% rispetto al 2020) e l’occupazione giovanile è tornata a crescere.

“In uno scenario di convergenza di molteplici fattori di crisi che generano instabilità ed incertezza, tra i quali il perdurare del conflitto russo-ucraino, l’aumento dell’inflazione e la disruption delle catene globali del valore, occorre sostenere il percorso di ripartenza dell’economia italiana e dei suoi territori”, ha affermato Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Area Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti. “Per farlo, è necessario – ha sottolineato Tavazzi – fare leva su tre elementi di opportunità e sfida nel breve-medio termine. Innanzitutto, l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che può effettivamente rilanciare l’economia nazionale (allo stato attuale, stimiamo un incremento del PIL del +1,9% al 2026 e un contributo cumulato fino a +13% nel decennio 2026-2036 rispetto allo scenario in assenza del PNRR)”. Anche la twin transition (digitale e green) è imprescindibile per riportare l’Italia su un percorso di crescita, tenuto conto del ritardo del Paese sulla digitalizzazione (soprattutto delle PMI) e nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Infine, un punto d’attenzione strategico riguarda le materie prime critiche, sulle quali l’Europa e l’Italia restano strutturalmente dipendenti dai mercati esteri.

Tra i relatori Dario Fabbri, direttore di Domino, intervenuto da remoto con un focus sulla guerra e in particolare sull’evoluzione della situazione politica, strategica ed economica della Russia. Del conflitto ha parlato anche Giorgio Cuscito, consigliere redazionale e Analista di Limes, “affrontiamo oggi il tema delle conseguenze della guerra in Ucraina sia in Europa sia nell’ indo-pacifico, e in particolare della competizione tra Stati uniti e Cina attorno a Taiwan. Il conflitto ha accelerato il processo di militarizzazione dell’estremo Oriente, e la competizione tra Washington e Pechino sul campo militare ma anche in quello tecnologico, in particolare sui semi conduttori e sull’intelligenza artificiale”.

Nella seconda parte del pomeriggio, focus sul cambiamento nel mondo del lavoro. Umberto Galimberti, filosofo e saggista, in alcuni tratti della sua ampia riflessione, ha spiegato che “dobbiamo smontare il concetto, che ormai è abitudine mentale, di ritenere che la tecnica sia uno strumento nelle mani dell’uomo. Non è più così, è diventata il soggetto della storia e l’uomo è diventato un funzionario dell’apparato tecnico”. Ha ricordato come si stia assistendo “a una radicale trasformazione del mondo” dove emerge “la passione per il denaro” e dove in primo piano ci sono “efficienza, produttività, funzionalità, velocizzazione del tempo. Dobbiamo essere continuamente informati e connessi, qualcosa che crea distanziamento sociale e anche processi di ansia. Questa è la condizione dell’uomo nell’era della tecnica. Si giungerà al punto che il mondo cambierà anche senza di noi”.

Sul fronte del cambiamento nel lavoro per Alessandro Sancino, professore associato in economia aziendale dell’Università Milano Bicocca e membro del nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica del Governo Draghi “siamo a un bivio antropologico e ci si chiede cosa ci sarà se l’umano si fonde con il digitale e si va verso il post umano, perché la società automatica che ci guida la computazione dei nostri comportamenti è già una realtà. Ci sono molte sfide e bisogna ripartire e non dimenticarci con il territorio perché quando le persone umane si incontrano con le macchine attraverso il digitale e le tecnologie per andare a trovare soluzioni che riguardano la vita reale delle persone, allora possiamo immaginare e realizzare una società che va verso una traiettoria win win. Se invece ci dimentichiamo della dimensione reale per solo immergerci nel metaverso o nel calcolo computazionale dell’intelligenza artificiale, allora questo bivio antropologico potrà condurci verso futuri che quantomeno ci devono far riflettere”.

Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa e Fondazione Assolombarda, non ha avuto dubbi nell’affermare che nell’arco di vent’anni sono cambianti i paradigmi dell’economia e il ritorno alla produzione di prossimità costringe a ripensare il nostro modo di produrre e di rapportarci con i territori, con un attento rapporto con la terra e l’ambiente per valorizzarli. “In Italia le fabbriche negli ultimi 15 anni – ha detto – hanno investito e usato la trasformazione di Industria 4.0 con una flessibilità produttiva che ha puntato sulla qualità e che ha consentito di resistere bene. Siamo, quindi, un grande Paese industriale di qualità. L’Industria italiana lavora su digitale e ambientale, usando l’intelligenza artificiale anche sul fronte ambientale. Dalla massimizzazione del profitto si è passati al profitto che produce benessere. Le imprese possono essere attori positivi, è aperta una grande sfida culturale con nuovi paradigmi per l’economia con le imprese che sono elementi imprescindibili per migliorare il benessere generale.

Greta Autieri, Head of Talent, Culture&Inclusion di Bat Italia, ha sottolineato che “le persone sono al centro di tutti i nostri grandi investimenti, sono il fulcro di BAT, sia per la nostra sede di Roma che per il nuovo centro di Trieste. Lavoriamo sulle persone in prima battuta cercandone di nuove da inserire nella nostra organizzazione a Trieste, dove siamo più di 100 dipendenti in questo momento. Lo facciamo nella formazione, e anche nel welfare supportando i lavoratori con aiuti alle famiglie o con contribuiti ai nuovi arrivati, e un’attenzione in generale a qualsiasi generazione”.

Sara Vuletić, direttore del programma di EPK Novi Sad 2022 ha ricordato il percorso affrontato quando Novi Sad ha ottenuto il titolo di capitale europea della cultura “è interessante” ha detto “affrontare le buone politiche adottate da noi qui a Gorizia, e auguro il meglio per l’appuntamento di Gorizia e Nova Gorica. È stata ina strada lunga, abbiamo seguito regole e progetti specifici quando abbiamo iniziato il programma, ma è stata un’ottima occasione per valorizzare la nostra città”. 

“Come Confcommercio abbiamo costituito un serbatoio con cui lavoreremo per capire numeri e tendenze delle nostre città perché ci rendiamo conto tutti di quanto siano cambiate”, ha raccontato Paolo Testa, già direttore dell’ufficio studi ANCI, in collegamento da remoto, “in città si concentrano come non mai gli estremi del vivere quotidiano, i livelli più alti di degrado, rispetto agli ambienti rurali, e nel contempo anche i maggiori attrattori culturali e i maggiori produttori di bellezza del nostro Paese. Le città offrono più delle aree periferiche opportunità di studio di lavoro, di cura, di incontro, ma dall’altra parte, ahimè, sono anche luoghi dove le persone hanno il maggior senso di insicurezza. La pandemia in tutto questo ha ulteriormente amplificato e accelerato certi i cambiamenti, dello stile di vita e ancora di più degli stili di consumo”.